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Carlo Acutis e la sua amicizia con i frati cappuccini

Carlo Acutis e la sua amicizia con i frati cappuccini

15 Aprile 2025

Morire a 15 anni di leucemia fulminante! È questa l’avventura umana di Carlo Acutis, un giovane milanese che la malattia gli ha stroncato la vita all’inizio della giovinezza.
Carlo nasce a Londra il 3 maggio 1991 ed è battezzato il 18 maggio nella Chiesa di Our Lady Dolours (Nostra Signora dei Dolori). Per ragioni di lavoro la famiglia si ritrasferisce a
Milano e la loro parrocchia diventa Santa Maria della Segreta.
Ragazzo sveglio, dottissimo per tutto ciò che è legato al mondo dell’informatica, tanto che i suoi compagni lo consideravamo un genio. Gli interessi di Carlo spaziavano dalla programmazione di computer al montaggio di film, alla creazione di siti web, ai giornalini di cui faceva anche la redazione e l’impaginazione. Ma il suo ricordo è legato soprattutto al desiderio di essere utile ai più bisognosi, con in bambini, con gli anziani. Una vita breve, ma vissuta intensamente in modo eroico, alimentata dal suo grande amore per il Signore presente soprattutto nel sacramento
dell’Eucaristia e dalla devozione filiale alla Beata Vergine Maria. Recitava il Rosario e frequentava la S. Messa tutti i giorni. Faceva spesso l’adorazione eucaristica. Giovane moderno e giovane impegnato spiritualmente.

Lo vogliamo conoscere perché Carlo frequentava la Chiesa dei frati Cappuccini di Milano in Viale Piave, 2. Lascio la parola a p. Francesco Occhietta, sacerdote gesuita, che nel n. 3894 de “La civiltà Cattolica” (15 settembre 2012) così scrive: “Carlo vive sobriamente, ci tiene all’essenziale, non vuole avere due paia di scarpe, litiga con i genitori che vogliono comprarne un secondo.
Fra Giulio Savoldi, cappuccino, ricorda ancora quando Carlo regalava i suoi risparmi alla mensa dei poveri o per le missioni. Diceva: “I soldi sono soltanto carta straccia: quello che conta nella vita è la nobiltà dell’animo, ossia la maniera con cui si ama Dio e si ama il prossimo”. Per Carlo era importante imitare “i testimoni della carità”. Andava nel convento dei frati cappuccini di viale Piave, a Milano per venerare i corpi di due frati santi: Fra Daniele da Samarate (Va) morto di lebbra in Brasile per aver aiutato i lebbrosi; e fra Cecilio Cortinovis, che avrebbe voluto aiutare padre Daniele, ma è stato lasciato dai suoi superiori in portineria del convento e da quel luogo ha offerto da mangiare ai poveri che bussavano al convento.
Carlo li ritiene due semi di amore utilizzati dal Signore per far nascere l’Opera san Francesco, che distribuisce ogni giorno 3000 pasti ai poveri, medicine, vestiti. Carlo davanti a quell’opera non smetteva di stupirsi e si impegnava a sostenerla sensibilizzando famiglia e amici” (p. 515). Aveva chiesto anche di fare il volontario all’Opera san Francesco, ma era troppo giovane.

Nell’ottobre 2006 Carlo si ammala. Tutto fa pensare ad una influenza, ma dopo aver fatto gli accertamenti clinici la diagnosi è crudele: leucemia fulminante (il tipo M3) che distrugge i globuli rossi del sangue più velocemente di quanti ne produca il corpo. Carlo è cosciente della sua malattia e chiede di ricevere l’unzione degli infermi. Alla mamma dice: “Da qui [dall’ospedale] non esco più”. Agli infermieri che gli chiedono come si sente risponde: “Bene. C’è gente che sta peggio”. Il suo cuore cessa di battere alle 6,45 del 12 ottobre 2006. Viene sepolto nel cimitero di Assisi.

Ecco quanto ha scritto Fra Giulio Savoldi su Carlo:

“Recentemente il Signore ha preso a sé il quindicenne Carlo Acutis per trapiantarlo, quale splendido fiore, nel giardino del Paradiso. Ebbi la fortuna di avere vari incontri con Carlo; di lui ho un ricordo vivissimo, era un ragazzo sereno, dal volto luminoso, aperto a tutto ciò che è buono e bello, certamente fortificato dallo Spirito del Signore.
Sensibilissimo alla povertà e sofferenze altrui, secondo le sue possibilità, voleva contribuire a lenire il dolore di chi, sotto ogni aspetto, era meno fortunato di lui. Così si spiega come un giorno, da ragazzino, spontaneamente, con alto senso d’amore, mi portò il contenuto del suo salvadanaio per i bambini più bisognosi. Con impegno interveniva verso i suoi contemporanei che si trovavano in difficoltà per iniettare in loro fiducia e sicurezza, per far risplendere sui loro volti la gioia di un dovuto sacrificio del proprio dovere e del rispetto reciproco alla luce della pace e della riconciliazione. Non era portato a giudicare e a condannare chi sbagliava, ma volentieri si prestava a ricomporre gli animi esagitati nella serenità e nella pace sulle orme di Gesù, mandato dal Padre non per  condannare ma per salvare. Ringrazio il buon Dio d’avermelo fatto conoscere e ammirare. Da parte mia in particolare lo sento come guida e forte richiamo di fedeltà e di santità alla mia vocazione
secondo i misteriosi disegni del Buon Dio sempre improntati dalla sua infinita bontà e misericordia”

(N. Gori, Eucaristia. La mia autostrada per il cielo. Biografia di Carlo Acutis, ed San Paolo, 2011 5 , pag. 77-78)

Il corpo di Carlo Acutis all’interno della sua tomba nella Chiesa di Santa Maria Maggiore ad Assisi (REUTERS/Matteo Berlenga)

Frasi di S. Carlo Acutis

«La tristezza è lo sguardo rivolto verso sé stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio».

«L’Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo».

«Tutti nascono originali ma molti muoiono come fotocopie».

«Siamo più fortunati noi delle folle di duemila anni fa, perché loro per incontrare Gesù dovevano andarlo a cercare nei villaggi mentre noi possiamo scendere nella Chiesa sotto casa e trovarlo realmente presente nell’Eucaristia».


Carlo Acutis, Riflessioni

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