Maria nelle Scritture
Maria di Nazareth è presentata dai vangeli secondo due esigenze: inquadrare la sua figura nel discepolato e sottolineare l’origine storica di Gesù. La comunità cristiana si rende subito conto dell’importanza di questa figura e cerca di inquadrarla nella sua funzione in ordine alla comunità e alla storia della salvezza. Questo schema ci serve per far emergere i tratti fondamentali del discorso, una volta compreso sarà utile buttarlo via, perché le due prospettive si incrociano ed è fuorviante cercare di separare ciò che lo Spirito ha unito.
Maria discepola di Gesù
Mc 3,20-35; Gv 2,1-11; At 1, 12-14
Ci soffermiamo più a lungo sul primo dei brani proposti, dal momento che su Giovanni occorrerò dire qualcosa anche in conclusione della nostra lettura.
Il brano di Marco è riportato anche da Matteo e da Luca, ma la versione marciana ha delle caratteristiche che, come vedremo, la rendono peculiare e forse più indicativa delle altre. Osservando il brano ci rendiamo conto che per quel che ci riguarda, cioè per quello che concerne i parenti di Gesù, il testo è relativamente corto, ma, ed è per questo che dobbiamo tenerlo unito, incornicia un brano ulteriore. Si tratta di quello che gli esperti chiamano struttura ad incastro (qualcuno a sandwich): vengono narrati due episodi, uno incastrato nell’altro, dove quello interno spiega e completa quello che sta all’interno e viceversa.
Osserviamo le analogie formali dei due brani:
a: i suoi dicevano: è fuori di sé
a’: gli scribi dicevano: costui è posseduto da Satana
Entrambi i gruppi di personaggi si muovono verso di lui mossi da un sospetto, che il comportamento di Gesù sia stato alterato da altro. La situazione di partenza dunque è analoga, ma vediamo come si sviluppano i due episodi.
In quello più interno Gesù controbatte ai suoi accusatori con una parabola. Sta alludendo a se stesso: se egli scaccia gli spiriti impuri, come può stare dalla loro parte? In secondo luogo invita gli ascoltatori a schierarsi dalla sua parte. Gesù non lotta contro il maligno in nome di una potenza superiore, ma di una potenza alternativa. Gesù sta invitando i suoi ascoltatori a non schierarsi dalla parte del male per mettersi contro di lui. Il discorso viene ripetuto in positivo nella parte dei parenti: chi fa la volontà di Dio sta dalla parte di Gesù. Gesù si definisce dalla parte di Dio, non del maligno, a tal punto da affermare che chi dice il contrario bestemmia contro lo Spirito Santo. Come fa a dar ragione di questa pretesa? Lo sapremo seguendolo, cioè continuando a leggere. Anche la madre, i fratelli e i discepoli sono interessati da questo, anche loro devono permettere che Gesù dimostri loro di aver ragione, lasciarlo andare e seguirlo, in poche parole sono posti davanti alla scelta del discepolato.
Apro subito due parentesi che meriterebbero un discorso a parte:
- Gesù e Satana: attenzione ai dualismi. Lo schema più semplice consiste nel pensare a due poteri in lotta, ma non è così. Pensiamo piuttosto ad una propaganda elettorale: sono due vie che si propongono all’uomo e una scaccia l’altra. La parabola del seminatore, raccontata immediatamente dopo il brano letto, chiarisce questa cosa: il seme del regno produce frutto nella misura in cui una persona è disposta ad accoglierlo e non fa spazio in sa ad altre realtà . Al centro del discorso non c’è la lotta contro il diavolo, ma il cuore dell’uomo.
- I fratelli di Gesù: su questo brano sono intervenuti diversi esegeti per escludere il fatto che Maria potesse aver avuto altri figli e le spiegazione sono arzigogolate. Non ci fermiamo su questo fatto perché non ne vale la pena. Il greco e l’ebraico conoscevano dei termini precisi per identificare cugini e altri tipi di parentela. Se gli evangelisti si fossero posti il problema di difendere la verginità di Maria avrebbero potuto usare un termine meno compromettente. Qui però abbiamo il termine fratelli (e più avanti, in 6,14, troveremo le sorelle).
La madre di Gesù deve scegliere da che parte stare e pare si sia scelta la parte migliore: At 1,12-14 è un testimone illuminante. Alcuni esegeti suggeriscono che qui ci sia un parallelo con l’inizio del vangelo di Luca: Maria, lo Spirito e una nascita (Gesù e la Chiesa). Mi pare che questo parallelismo non sia così evidente nell’intenzione del brano : l’autore vuole mostrare come ormai il clan familiare di Gesù e la comunità dei discepoli costituiscano una sola realtà. È stato superato il dissidio di Nazareth e il Cristo risorto è il comune referente per entrambi (lo stesso problema si porrà nel confronto tra i cristiani di origine ebraica e quelli di origine pagana). Senza entrare nello specifico osserviamo che anche il vangelo di Giovanni entra in questa prospettiva. Giovanni scrive il vangelo per convincerci che in quella carne mortale c’è il Figlio di Dio e la madre è testimone autorevole di questo (come lo è Giovanni Battista). Tuttavia Giovanni non è pià il racconto di una storia, ma assume la dimensione di una riflessione sul rapporto tra il Figlio di Dio e l’umanità. Maria fa parte di quell’umanità e, in funzione del suo legame speciale con Gesù, riconosce la sua divinità. Ecco perché la risposta di Gesù continua la presa di distanza e quel termine “donna”. Notiamo come la madre mantenga il suo ruolo di testimone, ma dentro la comunità dei discepoli (Gv 2,12). Allo stesso modo sotto la croce la madre di Gesù sarà data in custodia ai discepoli, rappresentati dal discepolo amato.
Nella prospettiva di Giovanni Maria:
- Sta nella comune umanità;
- Sta nel gruppo dei discepoli;
- È testimone speciale;
- È la madre di Gesù;
Ma cos’ha in mente Giovanni quando parla del legame particolare? Dobbiamo tornare al movimento storico dei primi tre vangeli.
Maria, madre di Gesù
Per quanto riguarda l’origine di Gesù partiamo da due brani indicativi, prima di entrare nei cosiddetti vangeli della nascita e dell’infanzia.
Galati 4,4: quando venne la pienezza del tempo Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto legge.
Cronologicamente qui ci troviamo davanti alla prima citazione della madre di Gesù, ma il brano non parla di Maria e il tono del discorso è di altro tipo. Sarebbe perciò indebito vedervi allusioni alla verginità di Maria o ad altre cose. Paolo vuole affermare l’appartenenza di Gesù alla nostra umanità, come farà nella Lettera ai Romani, 1,3-4: Nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio secondo lo Spirito.
L’appartenenza di Gesù alla nostra carne è un dato irrinunciabile per Paolo, il quale si preoccupa di mostrare come la vita buona del vangelo riguardi tutti gli uomini a motivo del fatto di rivolgersi alle coscienze piuttosto che a una religione particolare. Una funzione simile è esercitata dalla genealogia di Matteo (cap. 1) e Luca (cap. 3).
L’altro passo è il primo versetto del vangelo di Marco:
Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.
Non parla di Maria, vero, ma è un riferimento importante . Il Vangelo di Marco non racconta l’infanzia di Gesù, comincia la narrazione dal battesimo. Eppure il primo versetto cattura l’attenzione: cosa vuol dire Cristo e Figlio di Dio? Ci vorrà tutto il vangelo per capirlo. Quando il demonio prova ad affermare questo Gesù lo zittisce. Solo il centurione sotto la croce porta esclamare:
Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio (15,39).
Sapere che Gesù è Figlio di Dio è inscindibile da quella storia umana, una storia che si condivide, altrimenti rimane conoscenza intellettuale. Affermare che Gesù è il Figlio di Dio è possibile solo per chi fa del Vangelo la sua vita, chi cammina con Gesù. In questo senso dobbiamo intendere i racconti della nascita e dell’infanzia di Gesù, in questo senso il ruolo di madre di Maria non si scinde, anzi, è subordinato a quello di discepola. I racconti dell’infanzia e della nascita ampliano e specificano quanto abbiamo detto fino ad adesso. Qualche autore sostiene che siano invenzioni degli evangelisti, altri affermano che risalgano a fatti tramandati e forse un po’rivisitati dal clan di Gesù. Non ci interessa per il momento, l’importante è chiarire cosa vogliano dire in ordine alla comprensione della vicenda di Gesù. Dobbiamo subito osservare come il grande protagonista di questi racconti sia lo Spirito Santo, cioè l’agire di Dio nella storia. I racconti riconoscono in quella nascita l’azione storica di dio, quell’azione che ha accompagnato il popolo di Israele e che muove la sua speranza verso un orizzonte messianico, dove si realizzerà l’intervento definitivo di Dio. Per questo motivo i racconti della nascita e dell’infanzia di Gesù sono disseminati di citazioni dell’Antico Testamento. In questo contesto la figura di Maria non è solo la donna che ha dato alla luce Gesù, ma è identificata con la Figlia di Sion, la personificazione di Israele che attende la salvezza di Dio. Ecco allora perché è assimilata all’Arca dell’Alleanza quando sale alla montagna di Elisabetta, dietro a lei intravediamo le donne di Israele, ecco perché Luca le mette in bocca il canto profetico del Magnificato.
Abbiamo detto che questi racconti si collocano fuori dalla storia di Gesù, in un altro ordine di idee rispetto al racconto del Vangelo, quindi questa sovrapposizione appare legittima. Abbiamo tuttavia tracce del personaggio storico di Maria. Nel racconto dell’annunciazione impariamo che si tratta di una ragazza in attesa di marito, sarà in epoca successiva che, per difendere il dogma, si inventerà che ha fatto il voto di castità. Il vangelo non riporta niente di questo, semmai stupore stupore davanti alla proposta di un figlio, lei che non ha ancora avuto rapporti sessuali. Dietro la sua domanda”com’è possibile?” ci stanno le nostre domande, la nostra fatica nel fidarci di Dio. Dio ci mette la faccia in Gesù Cristo e anche lei per fidarsi di dio dovrà guardare Gesù.
Maria è una di noi, una discepola con un ruolo unico però: essere perenne memoria del mistero dell’umanità di Dio.Nella Chiesa ortodossa spesso sulla porta dell’iconostasi, cioè il paravento che divide la chiesa dallo spazio dove si celebra l’Eucaristia, troviamo la deesis, cioè la raffigurazione della madre di Gesù e del discepolo amato intorno a Gesù. Questa scena ci invita a entrare nella comunità della madre e del discepolo amato per incontrare Gesù, in quella comunità che è discepola e memoria della forma umana che il Figlio di Dio ha voluto realizzare.
Ulteriori sviluppi: i vangeli apocrifi
Dopo la nascita dei vangeli canonici troviamo lo sviluppo della letteratura apocrifa. I vangeli apocrifi nascono con l0intenzione di comare un vuoto dei vangeli e perciò gravitano intorno alle altre figure. La figura di Maria è ripresa da tre documenti:
- Protovangelo di Giacomo;
- Vangelo arabo dell’Infanzia;
- Transito di Maria;
Sono documenti troppo importanti per essere osservati analiticamente, meritano un incontro a parte. Ci fermiamo brevemente sul primo di essi, forse il più conosciuto. Il protovangelo di Giacomo recupera la storia di Maria, tanto che abbimao quasi l’impressione che sia una figura a sé. Maria non è più relativa a Gesù, come nei vangeli, ma ha una santità tutta sua, che si condensa nel voto di castità e in una ossessione sulla verginità assente nei vangeli. La trama è la seguente: Gioacchino ed Anna (qui per la prima volta compaiono questi nomi) fanno voto a Dio di consacrare a lui il figlio. Nasce una bambina che, all’età di tre anni viene portata al tempio, dove rimane fino a dodici anni, quando, con il menarca, viene considerata impura. Vengono convocati tutti gli scapoli ed i vedovi, si prega e dal bastone di Giuseppe esce una colomba (in altre versioni della leggenda è un fiore, il richiamo è la verga di Aronne di Numeri 19,20-26). Intanto Maria è stata visitata dall’angelo. Giuseppe, il quale è vedovo e già padre di altri figli (in questo modo si salvaguardano sia la verginità di Maria, sia i fratelli di Gesù e ci si spiega come mai Giuseppe è sempre vecchio), scopre tutto e di qui in poi i fatti seguono il racconto evangelico, con qualche divertente variante, come l’episodio della levatrice che viene punita da Dio perché ha voluto verificare che Maria fosse ancora vergine dopo il parto. Evidentemente per quella comunità il concetto greco di purezza e la necessità di sottolineare la figliolanza divina erano molto importanti.
Il Corano
Nel Corano Maria è trattata con enorme rispetto: è l’unico personaggio femminile chiamato per nome e a lei è dedicata una Sura intera, la numero 19. Il Corano riprende il racconto di Luca con l’evidente preoccupazione di dimostrare che il figlio che lei porta in grembo viene dallo Spirito (ma non è un Dio). Ella mise una cortina tra sé e i suoi parenti. Noi le inviammo il nostro spirito che per lei si fece simile ad un uomo. Disse Maria: «Mi rifugio da te presso il Misericordioso se sei timorato». Lui rispose: «Io sono solo un inviato del Signore per donarti un figlio puro». Disse Maria: «Come potrò avere un figlio se nessun uomo mi ha toccata e non sono dissoluta?». Disse l’uomo: «Così sarà! Il Signore ha detto: “Ciò mi è facile e faremo di lui un segno per le genti, una misericordia da parte nostra”». Legata alla santità di Gesù troviamo Maria di Nazareth, donna come noi, legata a Dio per la sua fede, donna in cui l’azione di Dio supera la possibilità umana.
Conclusione
Fino a qui Maria rimane tra di noi e allora individuiamo due strade non percorribili. La prima consiste in una divinizzazione di Maria, trasformandola in quella che un teologo protestante chiamava “la quarta persona della Trinità”. L’altra strada consiste nel fare di Maria il modello delle donne, sopravvalutando la sua verginità o la sua sottomissione. Non è l’immagine biblica dove l’unico modello per gli uomini e le donne è Gesù. Maria, giovane donna di Nazareth, accompagna il nostro cammino di uomini e cristiani. Prega, intercede per noi, rimane nella Chiesa con quel ruolo unico di testimone dell’incarnazione, quel mistero per cui può continuare a ripetere all’umanità: «Fate quello che vi dirà».